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I risultati delle ricerche di neuroscienze cognitive non si fermano dentro i laboratori, i dibattiti scientifici e le riviste di settore. Si diffondono attraverso comunicati stampa, i media e i social network, arrivando a influenzare pratiche cliniche e politiche sociali. In questo percorso, potenzialmente virtuoso, la complessità di alcuni risultati sperimentali rischia di perdersi. Le nozioni teoriche sul funzionamento di mente e cervello possono diventare scorciatoie di pensiero, usate per sostenere posizioni più ideologiche che scientifiche. Il tema della plasticità crossmodale è un esempio paradigmatico di come la complessità legata a questo argomento di ricerca sia stata spesso ignorata, anche per effetto di una involontaria complicità di affermazioni speculative proposte negli articoli scientifici stessi. In questa relazione affronterò questo argomento nell’ottica del dibattito fra plasticità e rigidità del cervello nei contesti di privazione sensoriale, facendo riferimento a come la letteratura sulla plasticità crossmodale nelle persone sorde abbia influenzato le indicazioni cliniche proposte a coloro che hanno vissuto la riafferentazione acustica grazie all’impianto cocleare. Per quasi due decenni l’idea che le aree acustiche del cervello potessero modificare la loro funzionalità per rispondere a stimoli visivi è stata sinonimo di “maladattività”, ed è stata usata per sostenere l’incompatibilità fra impianto cocleare e esperienze linguistiche visive (lettura labiale e lingua dei segni). Viceversa, la prospettiva di una preservazione funzionale può orientare le indicazioni cliniche verso una descrizione più “adattiva” della plasticità crossmodale, e verso l’idea di usare dispositivi di sostituzione sensoriale, prima e dopo l’impianto, per favorire processi di apprendimento nella modalità acustica.
| If you're submitting a symposium talk, what's the symposium title? | Rivalutare la Plasticità Corticale: Intuizioni dalla Deprivazione Sensoriale Congenita |
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