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Gli agenti artificiali sono ormai parte della nostra quotidianità, e sono sempre più applicati in ambiti di sostegno e supporto psicologico. A partire dagli anni ’70, numerosi studi hanno indagato il fenomeno noto come effetto Uncanney valley (UV), ossia il fenomeno per cui quanto più un agente artificiale assomiglia ad un agente umano nell’aspetto fisico, tanto più induce nell’osservatore sentimenti negativi e di avversione. Le evidenze sperimentali hanno portato alla formulazione di diverse ipotesi per spiegare questo fenomeno, tra le quali quella maggiormente diffusa attribuisce l’effetto UV a disposizioni e attitudini individuali nell’attribuire stati mentali agli agenti artificiali, quali l’età, il genere e l’animismo. Uno dei maggiori limiti di questa ipotesi è rappresentato dal fatto che non spiega come le differenze individuali determinino le diverse manifestazioni dell’effetto UV. Più recentemente è stato proposto che l’effetto UV sia da ricondurre al fatto che, nel processare un volto ambiguo si verifichi l’attivazione contemporanea di due risposte, una per il volto artificiale e una per il volto naturale, con conseguente un aumento del carico cognitivo. I sentimenti negativi e di avversione sarebbero quindi una conseguenza dell’aumento della difficoltà nella selezione della risposta. In quest’ottica, il ruolo delle differenze individuali sarebbe quello di determinare diverse soglie nella presa di decisione. In questo studio, si indaga se differenze individuali nello stile di attaccamento e tolleranza agli stimoli ambigui determinano diverse soglie di sensibilità e criteri di risposta nella categorizzazione dei volti artificiali in funzione della loro somiglianza con volti umani.
If you're submitting a symposium talk, what's the symposium title? | I molti volti del processamento dei volti |
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